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lunedì 9 febbraio 2015

Gone Girl

Gone Girl è come un incidente, sei shoccato da quello che sta succedendo, ma rimani fermo a guardare.

Il film, può essere preso come una critica a tanti aspetti della vita contemporanea, come la ricerca della perfezione, l'idea che le persone si fanno di noi, una sommessa paura maschile di essere sottomesso alla figura femminile.
Troppi anche solo per citarli tutti, credo però che in un paese come l'italia questo film possa dar alito a una sana discussione sulla morbosità che molti, troppi, casi di cronaca nera scatenano nella mente delle persone, ultimo in ordine di tempo il caso di Elena Ceste.
Nei falsi programmi televisivi che Fincher mostra all'interno del suo film viene mostrata l'insensibilità del sistema dell'informazione che distorce e modifica ogni notizia per piegarla all'andamento dello share.
Non è importante cosa Nick Dunn (Ben Affleck) abbia da dire, ma è importante l'immagine che lui da di se davanti alle telecamere, sopratutto in una società che fa dell'immagine il suo punto cardine.
Cosa non dissimile dalle operazioni di Barbara D'Urso nella striscia di intrattenimento pomeridiano, dove con manipolazioni più o meno evidenti si raccontano particolari, spesso intimi, della vita di vittime e presunti carnefici.
Fortemente interessante in oltre l'uso che fa Fincher del personaggio di Amy Elliot-Dunn (Rosamund Pike), la figura della donna in questo film è interessante, sopratutto, se messa in relazione ad altre figure femminili del cinema contemporaneo, la "stronza" non è più l'amante, che tenta di circuire l'eroe dall'esterno (magari l'esterno di una coppia già formata), ma in questo caso è la stessa moglie che prende non solo il ruolo di donna forte ma anche di manipolatrice.
Gone Girl è un film che guarda con occhio cinico molte delle figure che noi prendiamo come esempio, dalla collana di libri per bambini al matrimonio, dando diversi ed interessanti spunti di riflessione su ciò che ci circonda.

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