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mercoledì 11 febbraio 2015

Birdman o (l'imprevedibile virtù dell'ignoranza).

Fino a sette anni fa nessuno sapeva chi era Robert Downey Jr. e per la stragrande maggioranza delle persone Iron Man era una canzone dei Black Sabbat.

In questi anni le cose sono cambiate, il cine-comic ormai è diventato una delle punte di diamante (economicamente parlando) dell'industria hollywoodiana, se torniamo indietro ,questa situazione, sarebbe sembrata impossibile a Tim Burton e Michael Keaton durante le riprese di Batman.
Birdman parla di questo, di un industria che prende attori di enorme spessore per legarli quasi indissolubilmente al personaggio che vanno ad interpretare.
Se vogliamo ,questo film può essere inteso per certi versi, come la storia di Michael Keaton, perché il paragone è quasi impossibile non farlo.
Questo è un puro esempio di metacinema, un caso in cui Hollywood si guarda allo specchio e, giocando, con la provenienza filmica degli attori si guarda dall'alto in basso, dove si fa fatica a non dire/scrivere Batman anziché Birdman.
Un tipo di cinema che riapre anche il dibattito su dove sia l'arte tra la finzione e la spettacolarità del cinema e la sacralità del teatro.
Inarritu (scritto cosi per comodità) mette in scena una divertente tragicommedia su quello che ,adesso, Hollywood propone.
Con un uso continuo di piani sequenza come sono Cuaron con Gravity ha saputo fare di recente, mostra le conseguenze dell'ego nei rapporti e nella decisione di fare dell'arte un mestiere.


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